Le discriminazioni, quelle vere
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di Simone Fabrizio
Fino a 3 anni fa non avevo nemmeno mai sentito parlare di ginnastica ritmica. Poi, complice mia figlia che ha iniziato a praticarla, ho cominciato a seguire qualcosina. Sicuramente farò inviperire molti ma non riesco nemmeno a definirlo sport nel senso stretto del termine. È una mia tara mentale, sarà sicuramente ignoranza ma ho un pensiero simile per tutte quelle discipline in cui vengono assegnati dei punti a decimale. Sicuramente per praticarla servono doti fisiche eccezionali che derivano anche e soprattutto da un costante allenamento.
E la meraviglia c’è stata una domenica di fine giugno in un Forum di Assago stracolmo in occasione della “Coppa del mondo”, una gara internazionale prodromica alle Olimpiadi da poco cominciate a Parigi. Tutta la parte femminile della mia famiglia ha partecipato come spettatore a quell’ evento e ne è tornata a casa entusiasta: Virginia Raffaeli, l’oro delle “farfalle”, la squadra brasiliana… tutto bellissimo!
Tra le varie discipline, cerchi, clavette, nastri e le loro combinazioni, ad un certo punto sale sul podio, al secondo posto una ragazza russa, 16 anni. Mia moglie e mia figlia non si ricordano come si chiamasse ma ciò che è rimasto impresso loro è che questa fanciulla è stata presentata come persona “neutra” e non ne veniva mostrata la bandiera del suo stato d’ appartenenza. Se fosse arrivata prima non avrebbero nemmeno suonato il suo inno nazionale come protocollo, o prima di tutto “normalità” e consuetudine esigerebbero. Ritengo che tali atteggiamenti, che si protraggono da oltre due anni siano un’autentica vergogna. Stiamo parlando di atleti che per la loro grande passione passano per anni ore ed ore giornaliere ad allenarsi per realizzare i loro sogni e partecipare alle più grandi competizioni: Europei, Mondiali, Olimpiadi.
Ora i grandi della terra, i guru del “liberalismo reale” hanno deciso che gli sportivi russi e bielorussi per accedere a queste competizioni devono annullare loro stessi, devono sopprimere il loro essere. Disgustoso… anche alla luce delle ipocrite campagne di sensibilizzazione come “lo sport unisce” piuttosto che “lo sport è di tutti”. O come l’ultimo spot che si vedeva in televisione all’inizio delle partite di calcio agli ultimi Europei che recitava un “benvenuto a tutti” falso come una banconota da 15 euro. Quantomeno avrebbero potuto mostrare un po’ più di gusto parafrasando un passo di una commedia del grande Eduardo … “benvenuto a tutti tranne che a due! …”.
Ma questa gentaglia è convinta di essere così potente da non avere più bisogno nemmeno di mascherare di bontà le proprie azioni. Agisce in campo aperto passando sopra tutti come uno schiacciasassi. E così succede che periodicamente nei salotti buoni trascorrono settimane di dibattiti sterili su un singolo ululato o su un presunto insulto percepito in uno stadio, che per quanto becero o spregevole una persona possa pensare che sia, rimane sempre confinato in quell’arena. Però, se da un lato si va avanti parlando a vanvera del nulla, quando a scendere in campo sono le discriminazioni vere tutti gli addetti ai lavori risultano essere paurosi, silenti, financo complici e plaudenti. Sia i vertici istituzionali delle federazioni, sia coloro che dovrebbero gridare allo scandalo. Se tutto ciò succede nel mondo dello sport fa ancora più ribrezzo. A proposito di vere discriminazioni potrei anche scrivere di cosa fecero i” buoni” nel gennaio 2021 contro la loro gioventù, ma sono già stato troppo prolisso e mi prometto di scriverne in un prossimo futuro. Nell’esprimere con forza la mia solidarietà a tutti gli atleti russi e bielorussi auspico che quest’argomento come tanti altri sia fonte d’ispirazione per tutte le coscienze non ancora sopite affinché eliminino i vari “distinguo” E siano fonte di unità e di forza. Per combattere insieme la “buona battaglia”.
Pensiero Verticale è un progetto editoriale esclusivamente telematico dedicato all’approfondimento culturale, all’attualità politica, all’analisi delle dinamiche che muovono confusamente la contemporaneità.