Il seme della vergogna
Haaretz, uno dei principali quotidiani israeliani, a seguito degli attacchi di Hamas del 7 ottobre, riporta la notizia relativa alla richiesta da parte della famiglia di uno dei ragazzi ebrei morti nel contesto del Festival nel deserto, di ricorrere entro le 24 ore dal decesso alla PSR, ossia la pratica di prelievo di sperma dai testicoli di un defunto al fine di procedere, mediante conservazione in vitro, alla fecondazione assistita con l’utilizzo di un utero disponibile all’uopo. Lo scopo è quello, banalmente, di poter dare seguito biologico al defunto.
Se fosse un caso isolato, si potrebbe tranquillamente relegare alle snaturate perversioni di un nucleo familiare disposto a violare il corpo di un giovane defunto, pur di generare eredi. Ma così non è. Zvi Hauser, politico e a lungo membro del Knesset, si è fatto promotore in Parlamento di una legge per riformare i termini relativi alla pratica del PSR allargando le possibilità alle volontà anche presunte del defunto, con il consenso della famiglia e, se presente, dell’eventuale consorte.
Attualmente infatti, in Israele è possibile poter agevolmente accedere alla pratica qualora la richiesta di prelievo venga esplicitata dalla vedova: dal punto di vista legislativo non viene in nessun modo osteggiata (non essendo regolamentata) e semmai, nei tribunali si fa riferimento alle consuetudini culturali che aprono a questa possibilità come uno dei tanti modi per allargare e promuovere la discendenza. Va da sè che nessun politico di lungo corso (e questo vale ovunque) si spenda per temi poco sentiti o trascurabili per l’elettorato.
Ed è presto deducibile quanto tale pratica sia rilevante dal punto di vista sociale in Israele, non solo perché se ne è discusso per mesi presso il parlamento, ma anche per le numerosissime richieste giunte ai tribunali, soprattutto negli ultimi mesi di conflitto. Che il PSR sia comparabile alla necrofilia, in termini stretti, è deducibile senza raffinate riflessioni etiche, e nel caso di Israele rappresenta tout court una visione chiara, netta, pericolosa, disumana, spregiudicata, del contorno morale della società a cui attiene.
Una società che una comoda lettura mainstream vorrebbe distante ed estranea alle derive estremiste di Netanyahu, ma che appare invece permeata dalla necessità di essere e comportarsi distintamente e unicamente rispetto all’Altro vissuto come irriducibilmente diverso e quindi di offensivo. In simile visione, messianicamente intesa quale volontà dettata dal divino, persino i corpi dei propri figli rappresentano un mezzo biologico per garantire il lignaggio, un nuovo esercito senza avi, ma armato fino ai denti dai paesi dell’assetto Atlantico.
Chissà che il PSR non costituisca la nuova finestra di Overton attraverso la quale demolire l’ennesimo muro del pudore al quale sono attaccate le nostre ultime, disperate speranze di uomini. Che vorrebbero restare tali.
Classe 1993 e boomers per scelta (non cercatela su Instagram, non c’è). Laureata in Filosofia con una tesi su la Repubblica di Platone, si ritrova da neolaureata vittima del sistema capitalista (che pensava di poter combattere dai banchi dell’università); dapprima nell’ovvio call center a 5€/ora per poi piombare prevedibilmente in una multinazionale americana nella quale ci sguazza e ci sta bene perché, in fondo, è meglio quando la cultura non dà da mangiare.
Conservatrice per alcuni, Compagna per altri, Rossobruna per gli amici.
Tante virgole e poche cose importanti: per Pensiero Verticale qualche riflessione d’attualità e altra monnezza, con un po’ di stile.